Innanzi tutto non sono un “nero”. Non sono stato uno schiavo in un campo di cotone o un operaio nelle industrie di Chicago degli anni ’30 e ’40. Non ho vissuto alcuna epica storia di emancipazione razziale e sociale. Sono europeo, bianco, cresciuto a colpi di cultura greco-romana. Un uomo occidentale come tanti che, paradossalmente, si trova a vivere dall’altra parte del fossato, destinatario di privilegi a danno di altri che, fino ad ieri, non né conoscevano neanche l’esistenza.
La consapevolezza di questa contraddizione mi fa amare ancor più visceralmente il blues.
Una musica che ti aiuta a spolverare le antenne e percepire quanto ci si può allontanare dall’esistenza ossuta. Il blues ti sbatte in faccia quanto si può essere apparenti, pieni di se e fino a che punto perdere le facoltà di annusare gli odori, gustare i sapori e ascoltare i suoni della vita.
Anonimo